Le immagini inviate a Terra dalle missioni spaziali hanno confermato che il fenomeno degli impatti meteorici è presente nella maggior parte dei corpi del Sistema Solare e che tale meccanismo gioca un ruolo di fondamentale importanza nell'evoluzione del Sistema Solare sia come fenomeno distruttivo che come fenomeno di rimodellamento delle superfici planetarie; infatti gli impatti producono effetti importanti sui corpi colpiti.
Pianeta | Obliquità | Pianeta | Obliquità |
Mercurio | 0o1' | Giove | 3o1' |
Venere | 177o | Saturno | 26o7' |
Terra | 23o26' | Urano | 97o52' |
Marte | 25o12' | Nettuno | 29o56' |
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Una testimonianza concreta della violenza degli impatti negli stadi iniziali della vita del Sistema Solare ci proviene dallo studio delle superfici della Luna e di Mercurio. Le superfici di entrambi sono caratterizzate dalla presenza di una fitta craterizzazione, piccole strutture e grandi bacini di impatto che confermano l'intenso bombardamento che ha caratterizzato tutta la zona interna del Sistema Solare e che si è protratto nel tempo con una graduale diminuzione sia delle dimensioni dei corpi impattanti che del loro numero. |
Terra | Sulla Terra i crateri d'impatto vengono erosi, ricoperti da altre rocce, o subdotti dalla deriva delle placche. Fra i più recenti e tuttora visibili vi è il Meteor Crater dell'Arizona (50.000 anni), con un diametro di 1.2 Km ed una profondità di 185 metri; fra quelli fossili più famosi ci sono il Chicxulub Crater di 180 km, creato in Messico dal meteorite responsabile dell' estinzione dei dinosauri, il Bedout Crater di 200 km, nell'Oceano Indiano vicino all'Australia, e il Sudbury Crater, Canada, di 200-300 km; quest'ultimo ha una profondità di 6 km, ma inizialmente doveva essere di 30 km: l'impatto, che si stima sia avvenuto ad una velocità maggiore di 40 km/s, potrebbe aver fuso 27.000 km cubi di crosta terrestre. | ![]() ![]() |
Mercurio | Il bacino d'impatto più noto è la Caloris Planitia, in cui sono ben visibili gli anelli concentrici (cratere multiring); il diametro della struttura, ricavato valutando l'anello più elevato, è di 1.340 km; se però si considera l'anello più esterno il valore del diametro raggiunge i 3.700 km. |
Venere | La testimonianza maggiore in merito al ruolo che gli impatti hanno giocato per Venere è il moto di rotazione retrogrado del pianeta, unico in tutto il Sistema Solare, eccettuando Urano, riconducibile ad un gigantesco urto avvenuto nei momenti iniziali della sua formazione. | |
![]() | Il fatto che sul pianeta non sono stati individuati crateri di diametro inferiore ai 3 km è da imputare alla potente azione di filtro giocata dalla densa atmosfera venusiana, in grado di distruggere i meteoroidi al di sotto di una certa dimensione oppure di frenarne la caduta al punto da non produrre cratere al momento dell'impatto con la superficie. In ogni caso si dovrebbe manifestare al suolo l'azione dell'onda d'urto trasmessa dal meteoroide all'atmosfera e tale potrebbe essere il meccanismo che ha originato alcune particolari strutture superficiali. |
Marte | L'analisi delle strutture d'impatto ci permette alcune considerazioni sulla composizione del suolo marziano suggerendo l'abbondante presenza di acqua sotto forma di permafrost, per questo, gli ejecta dei crateri d'impatto mostrano un contorno lobato invece che a raggiera, interpretabile come dovuto al fango formatosi allo scioglimento del terreno ghiacciato ad opera del calore generato dall'impatto e successivamente congelato, dopo aver ricoperto la zona circostante. | ![]() |
Una possibile risposta al problema dell'origine di queste grandi quantità di acqua è suggerita da Christopher F. Chyba: l'intenso bombardamento ad opera di comete ed asteroidi carbonacei nell'epoca iniziale della formazione del Sistema Solare avrebbe apportato sulla superficie del pianeta rosso uno strato uniformemente distribuito di 10-100 metri d'acqua. |
Giove e satelliti | In occasione dell'impatto con la cometa Shoemaker-Levy 9 nel luglio 1994 si sono potuti notare gli impressionanti ed evidentissimi segni lasciati dai frammenti nell'atmosfera di Giove, ma si è potuto osservare anche che nel volgere di un anno le tracce erano notevolmente diminuite in intensità, chiara indicazione della potente azione dell'atmosfera gioviana, in grado di disperdere rapidamente le polveri ed i gas originatisi nell'impatto e rimasti in sospensione.
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Satelliti di Saturno | ![]() | Sulla superficie di Mimas spicca il gigantesco cratere Herschel di 130 km di diametro, che ha fatto ipotizzare che l'impatto che l'ha creato sia causa dell'inclinazione orbitale di Mimas (circa 1,5°). Mimas inoltre, analogamente a Rea e Giapeto, mostra una saturazione di piccoli crateri ed una carenza di quelli maggiori di 30 km. |
Può esserci un'onda d'urto che precede di poco l'impatto vero e proprio, dovuta alla violenta compressione dell'aria che il meteorite incontra nella sua discesa. La pressione che si viene a generare nel momento dell'impatto è elevatissima e può portare al violento sgretolarsi del meteorite, con una vera e propria esplosione, e la quasi istantanea sua vaporizzazione, come parte del materiale superficiale planetario presente nella zona dell'impatto. | ![]() |
Le onde d'urto generate dall'evento si propagano nel terreno con una velocità iniziale di circa 10 km/sec, questa compressione, associata all'espulsione di materiali dal luogo dell'impatto, origina la cosiddetta "cavità transiente", l'enorme voragine iniziale destinata a trasformarsi nel cratere vero e proprio, un cratere che è quasi sempre abbastanza circolare, perché poco dipendente sia dalla forma dell'impattore che dalla sua direzione di provenienza. | ![]() |
Inizialmente la velocità di espulsione dei materiali è notevole, anche qualche km/sec, ma poi si attenua stabilizzandosi su valori dell'ordine di 100 m/sec; i materiali espulsi (ejecta) vengono scagliati verso l'alto e verso l'esterno ricoprendo in tal modo una vasta area circostante il luogo dell'impatto e vanno a formare le caratteristiche raggiere tipiche di alcuni crateri lunari (ad esempio nel cratere Tycho): tali raggiere restano visibili successivamente solo se non ci sono fenomeni atmosferici erosivi. La forma delle raggiere originate dalla ricaduta degli ejecta ci può fornire preziose informazioni sul tipo di terreno presente nella zona dell'impatto. | ![]() |
Appena diminuisce l'azione di compressione sulle rocce sottostanti la zona della caduta, queste tendono a ritornare nella posizione iniziale, un vero e proprio rimbalzo elastico, riducendo in parte la profondità della cavità transiente: è l'assestamento idrostatico. Tale fenomeno, nel caso di impatti di grosse dimensioni, può sfociare nella formazione di una struttura centrale (central peak) oppure in una struttura più complessa ad anelli concentrici sopraelevati (bacino multi-ring); inoltre, l'inevitabile ricaduta della "suevite" contribuisce a ridurre ulteriormente la profondità della struttura. | ![]() |
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Struttura di un cratere semplice.
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Struttura di un cratere complesso.
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Alcuni di questi tipi di crateri son visibili sulla Terra, nonostante la prolungata azione erosiva dell'atmosfera: Sudbury Crater, Manicouagan Crater, Clearwater Lakes, tutti e tre in Canada, e Vredefort Dome, un cratere di 10 km di diametro situato in Sudafrica e dichiarato nel 2005 dall'UNESCO patrimonio dell'umanità; molti credono che tale cratere, subito dopo l'impatto avvenuto 2 miliardi di anni fa, superasse i 250 Km di diametro. È stato anche fotografato dallo spazio dagli astronauti di uno Shuttle. Gli esempi più significativi si trovano però sulla Luna, dove non ci sono fenomeni erosivi, ad esempio nel cratere Tycho, una struttura del diametro di 85 km originata da un impatto avvenuto circa 100 milioni di anni fa, sono molto evidenti il picco centrale e le ripide pareti, inoltre i raggi che si dipartono dal cratere si estendono per buona parte dell'emisfero meridionale e sono gli ejecta dell'impatto. Facilmente individuabili sul nostro satellite sono anche alcune gigantesche strutture, i cosiddetti bacini d'impatto, le cui sorprendenti dimensioni ci ricordano il tempo in cui una caratteristica saliente del Sistema Solare fu la presenza massiccia di giganteschi impatti. |
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Tra i bacini d'impatto più grandi identificabili sulla Luna e riconosciuti come tali possiamo citare il Mare Orientale, che ha un diametro di 900 km e mostra evidentissima la sua struttura "multi-ring", il Mare Imbrium (diametro di oltre 1100 km) e la struttura collocata al Polo Sud del nostro satellite, il Bacino Aitken, con diametro di 2500 km). Di dimensioni confrontabili sono i bacini Caloris Planitia su Mercurio e Valhalla su Callisto. |
Un metodo per riconoscere un cratere da impatto è l'identificazione del fenomeno del metamorfismo da shock, cioè i profondi e radicali cambiamenti che le smisurate energie in gioco possono provocare nelle rocce presenti sul luogo dell'impatto. Le strutture più facilmente identificabili sul terreno sono gli "shatter-cones", fratture coniche che si sviluppano, isolatamente o a gruppi, in rocce generalmente a grana fine e che mostrano sulla superficie delle striature longitudinali, richiamando vagamente la trama di una coda di cavallo e solo un impatto sembra in grado di creare le condizioni per generare tali strutture. Queste strutture si formano nel momento in cui l'onda d'urto generata dall'impatto attraversa la roccia: questo comporta che l'apice dei coni inizialmente è rivolto verso il punto dell'impatto; normalmente non vengono rinvenuti dei coni completi, ma solo dei frammenti. Un'altra tipologia rocciosa la cui presenza è riconducibile all'azione di un impatto è la cosiddetta "breccia d'impatto", una struttura formatasi in seguito al ricementarsi disordinato dei frammenti rocciosi originatisi dalla disgregazione operata dall'impatto. Il passaggio dell'onda di shock tipica di un impatto nella massa rocciosa lascia inoltre tracce nella struttura cristallina di molti minerali, come ad esempio il quarzo. |
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Oggetto | Diametro (km) |
Velocità (km/s) |
Massa (ton) |
Energia (Joule) |
Energia (Mton) |
Asteroide | 1 | 17.8 | 1.2x109 | 1.91x1020 | 4.54x104 |
Cometa | 1 | 70.2 | 5.24x108 | 1.29x1021 | 3.07x105 |
4179 Toutatis | 4.2+2.5 | 30 | 1.08x1011 | 4.86x1022 | 1.16x107 |
Hale-Bopp | 40 | 44 | 3.35x1013 | 3.24x1025 | 7.72x109 |
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Il calcolo della massa dei quattro oggetti è stato fatto impiegando valori di densità tipici per questi corpi celesti, vale a dire 1 g/cm3 per le comete. e 2.3 g/cm3 per gli asteroidi. Nel caso di 4179 Toutatis si è calcolata la massa considerandolo costituito da due corpi a contatto dei quali si è ipotizzata per comodità una struttura sferica. Analoga struttura sferica è stata ipotizzata anche per la cometa Hale-Bopp. | ![]() |