VEICOLI SPAZIALI

Sviluppo Storico
I primi studi di astronautica si possono far risalire, al russo K. E. Tziolkovskij (1857-1935), il quale, sul finire del 1800, teorizzò l'impiego del motore a razzo nei veicoli spaziali e la necessità di utilizzare missili multi-stadio.
Successivamente, in epoca precedente la prima guerra mondiale, furono condotte notevoli ricerche, ma fu negli anni ’20 che gli sviluppi dell’ingegneria aeronautica permisero allo statunitense R. H. Goddard (1882-1945) e al tedesco H. Oberth (1894-1989) di riproporre su base matematica i problemi fondamentali dell’astronautica.
Una V2 prima della partenza Le previsioni di Oberth nel suo studio "La via del volo nello spazio" (1929), che considerava in dettaglio anche il progetto di un’astronave con equipaggio umano da inviare verso altri pianeti, e la comparsa dello studio "Raggiungibilità dei corpi celesti" di un altro teorico di grande valore, W. Hohmann, suscitarono grande entusiasmo e determinarono la fondazione, in Germania, della prima società astronautica, la "Verein für Raumschiffahrt" (Associazione per il volo spaziale).
Sotto gli auspici di questa società vennero progettati, realizzati e lanciati numerosi piccoli razzi a propellente liquido, ed effettuarono le loro prime esperienze molti di quei tecnici che realizzarono poi, durante la seconda guerra mondiale, il razzo offensivo V2, capostipite della moderna astronautica.
Fra gli allievi di Oberth è doveroso citare W. von Braun (1912-1977).
Contemporaneamente anche in Russia vennero fondate due associazioni, la OIMS fra studiosi del volo interplanetario e la GIRD fra studiosi della propulsione a razzo.
A pace raggiunta gli enti statunitensi e sovietici interessati all'astronautica (prevalentemente militari), si impossessarono come preda bellica dei missili tedeschi V2 e del personale addetto alla progettazione e alla costruzione fra cui Werner von Braun, appropriandosi così delle tecniche costruttive e di lancio che sono state alla base di tutte le realizzazioni successive.

Propulsione e moto mediante razzi
Per far evadere dalla Terra un veicolo bisogna tenere conto di alcuni fattori: Per quanto riguarda il primo punto è noto che per superare la forza di attrazione terrestre occorre fornire al veicolo un’opportuna velocità, che varia secondo il tipo di missione:
ad esempio, portato il veicolo a 300 km di altezza, fornendogli una velocità parallela al suolo di circa 8 km/s si otterrà un satellite artificiale della Terra, con orbita circolare di periodo pari a circa 90 minuti. Se invece si volesse far evadere il veicolo dalla Terra, occorrerebbe imprimergli una velocità di 11,2 km/s (nota, per l’appunto, come velocità di fuga o parabolica).
Per quanto riguarda il secondo punto, bisogna osservare che l’accelerazione da imprimere al veicolo per raggiungere le velocità sopra citate deve essere fisiologicamente sopportabile se il veicolo trasporta esseri viventi, e in ogni caso deve essere compatibile con il carico utile trasportato (strumentazione).
Per quanto riguarda il terzo punto, una volta superata la "barriera gravitazionale" si pone il problema del superamento della "barriera termica", cioè del superamento degli effetti nocivi del violento riscaldamento che il veicolo subisce per attrito nell’attraversamento degli strati più densi dell’atmosfera (problema che, naturalmente, si presenta sia alla partenza che all’eventuale ritorno a terra).
razzo in 
partenza
La propulsione mediante razzi permette di affrontare, e in parte risolvere, i problemi sopra descritti.

Principi fondamentali di funzionamento
ugelli di scarico di un razzo La propulsione dei razzi si basa principalmente sul teorema della quantità di moto.
In ambito astronautico, questo teorema trova applicazione osservando che una variazione di quantità di moto prodotta da meccanismi interni al veicolo equivale all'applicazione di una forza sullo stesso, forza che si concretizza in una spinta.
Semplificando molto il sistema, allora, se il veicolo espelle una massa dM di propellente nel tempo dt con velocità di efflusso relativamente al veicolo w, la forza propulsiva, o spinta, agente sul veicolo vale: , dove dM/dt è detta portata massica

Consideriamo un razzo che espelle propellente con continuit&agrAve; ed in modo uniforme (w costante), indicando con Mi la massa iniziale, con Mf la massa del veicolo a propellente esaurito, con Vi la sua velocità iniziale e con Vf la sua velocità finale, si ottiene (integrando la formula sopra): , dove il rapporto Mi/Mf viene detto rapporto di massa.
Tale equazione sottolinea la notevole importanza che ha w, la velocità di efflusso del propellente, che risulta essere un termine caratteristico di rendimento del veicolo.
Dall'analisi termodinamica del processo di espulsione, si vede che il quadrato di tale velocità è direttamente proporzionale alla temperatura del propellente ed inversamente proporzionale al suo peso molecolare.
L'altro fattore che determina la variazione di velocità del veicolo è il rapporto di massa. Purtroppo tale rapporto interviene attraverso il suo logaritmo, quindi molto lentamente.
gas di 'scarico' di un razzo vettore
Ciò significa che, se non si è in grado di aumentare adeguatamente w, per ottenere grandi ΔV bisogna ricorrere a rapporti di massa, che diventano presto proibitivi.

La tabella che segue indica i rapporti di massa necessari per raggiungere la velocità di evasione dalla Terra, partendo con velocità iniziale nulla, il tutto in funzione della velocità di efflusso w.

w (km/s) 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Mi/Mf 270,43 41,82 16,44 9,39 6,47 4,95 4,06 3,47 3,06

I razzi multistadio
razzo a tre stadi Come si è visto, l'idea di raggiungere la velocità di fuga con un unico razzo presenta immediatamente un serio problema in termini di rapporto tra la massa del propellente e la massa di tutto il complesso delle strutture, del carico utile e del propulsore stesso. Inoltre, l'incoveniente di un unico razzo è che esso deve trasportare fuori dall'atmosfera la massa dei serbatoi, i quali diventano un peso inutile man mano che si svuotano. Si è quindi pensato di realizzare dei veicoli composti da una serie di razzi nei quali è ripartita la massa totale del propellente. Secondo questa tecnica, il primo stadio, una volta esaurito il proprio propellente, si stacca e viene abbandonato; entra quindi in azione il secondo stadio, che inizia a contribuire a partire dalla velocità raggiunta grazie al primo stadio, che porta un nuovo contributo alla velocità, e così via sicché: schema di un razzo 
 a tre stadi

Considerando ad esempio un missile a due stadi si ottiene, ricordando quanto calcolato prima:
dove si è posto: M1=massa totale del veicolo alla partenza;
M2=massa propellente del primo stadio
M3=massa del veicolo all'inizio della combustione del propellente del secondo stadio e con il primo stadio sganciato
M4=massa del propellente del terzo stadio.
Dalla relazione sopra si vede che i razzi multistadio offrono la possibilità di ottenere rapporti di massa complessivi molto elevati, pur avendo dei rapporti accettabili per quanto riguarda i singoli stadi.
Ad esempio con w=3 km/s e ΔV=8,67 km/s, per un monostadio si ha un rapporto di massa pari a 18, mentre per un bistadio si hanno rapporti di massa pari a 6 (primo stadio) e a 3 (secondo stadio).

Progetto 242
Un'idea innovativa per i motori delle sonde spaziali è stata proposta dal prof. Carlo Rubbia all'ASI.
Il nuovo propulsore, che dimezzerebbe il tempo di viaggio verso Marte, è di tipo nucleare.
Schema del motore Il progetto consiste in una camera dicombustione contenente un sottile strato di materiale fissile, riempita di gas e delimitata esternamente da materiale diffusore di neutroni; il rimbalzare continuo di neutroni riscalda un gas, che espandendosi ed uscendo dall'ugello di scarico fornisce la spinta necessaria per avanzare.
Il materiale fissile che dovrebbe fornire i neutroni è l'americio 242, isotopo metastabile dell'americio con elevata sezione d'urto di fissione per neutroni termici. La fissione di tale elemento produce dei frammenti che si respingono per effetto della repulsione elettromagnetica acquisendo ciascuno una energia cinetica di 80 Mev. Per via della geometria della camera i frammenti che fuoriescono dalla struttura cristallina dell'americio trasferiscono buona parte della loro energia, sotto forma di calore, al gas contenuto nella camera stessa. Dovendo tale gas essere il più leggero possibile (per una maggiore efficienza nella propulsione), si è scelto l'idrogeno.
Per come è stato concepito tale processo di riscaldamento, si ottiene un motore con un cuore molto caldo, ma con temperature delle pareti ragionevoli e compatibili con il loro stato solido.
Si è calcolato di poter ottenere velocità dell'ordine di 30 km/s e spinte superiori ai 3.000 newton.
R. Goddard, che nel 1926 sperimentò negli USA il primo razzo a propellenti liquidi, diceva: "I sogni di oggi sono la realtà di domani".

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Le immagini e parte delle informazioni relative al progetto 242 sono reperibili nel sito Internet dell'ASI:
ars.asi.it/˜webars/p242/P242_motore.html



© Loretta Solmi, 2011        Adapted For The Hell Dragon Web Site